mercoledì 13 novembre 2013

Pasticcetti di carote con topping di Sbrinz

Uno spuntino per strada così...en passant? Why not?
Grazie al contest Swiss Cheese Parade del blog Peperoni e Patate, in questo periodo le ricette che trattano il cibo da strada sono molteplici, c'è solo l'imbarazzo della scelta.. Ingrediente fondamentale è il formaggio svizzero del tipo Gruyère e/o Sbrinz.
Chi frigge, chi imbottisce, chi sforna e chi pasticcia anzi..."pasticcetta" dei bocconcini saporiti, facili e veloci sia da preparare che da gustare....uno dopo l'altro.




La ricetta? Eccola qua.

Ingredienti per 24 pasticcetti (diametro stampo 5 cm)
Per la pasta brisé:
150 g di farina
75 g di burro 
Sale q.b.
Acqua fredda 30 g circa

Per il ripieno:
300 g di carote
15 g di Gruyère grattugiato
1 uovo
50 g di panna fresca
Sale e pepe q.b.
Olio extavergine di oliva extravergine q.b.
100 g di acqua

Per il topping di Sbrinz:
15 g di burro
15 g di farina
150 g di latte
40 g di sbrinz
Sale e noce moscata q.b.

Per la guanizione:
Malndorle a lamelle e fogliette di prezzemolo o timo




Preparazione:
Setacciare la farina, unire il sale e il burro a pezzetti e iniziare ad amalgamare legando aggiungendo l'acqua un po' alla volta (potrebbe anche bastarne meno di quella prevista). Lavorare l'impasto velocemente, coprirlo con la pellicola e metterlo a riposare in frigo per mezzora.
Nel frattempo mondare le carote, spellarle e tagliarle a rondelle. Saltarle in padella con un filo d'olio, un pizzico di sale e l'acqua. Una volta pronte, tenerne una parte per la decorazione e frullare il resto assieme al Gruyère , l'uovo, la panna, un pzzco di sale e un po' di pepe. 
Stendere la pasta brisé e rivetstire gli stampini. Rimetterli in frigo.
Con il burro e la farina, preparare un roux biondo, aggiungere il latte caldo e mescolare continuamente.  A un minuto dal bollore unire lo Sbrinz, il sale e una grattugiata di noce moscata.
Prendere dal frigo i gusci, riempirli a 3/4 con il composto di carote, mettere al centro un cucchiaino di crema allo Sbrinz e infornarli a 175º per una ventina di minuti.
Sfornarli e decorarli con le rondelle di carote, mandorle a lamelle e una fogliolina di prezzemolo o timo.




lunedì 4 novembre 2013

Vignola. Tour tra natura, cutura, arte e buon cibo

Collocata allo sbocco della Valle del Panaro, Vignola trova l'origine del suo nome da "piccola vigna", quindi dalle viti che in epoca romana venivano largamente coltivate in questa parte del territorio modenese.
La sua è una realtà agricola anche ai giorni nostri, con industrie alimentari ed enologiche di grande importanza.
Tra i prodotti di nicchia troviamo la Moretta di Vignola, ciliegia autoctona di altissimo valore organolettico, presidio Slow Food, presente nel territorio modenese dalla fine dell'Ottocento e conosciuta in tutta Europa. Purtroppo la coltivazione ha sempre presentato molteplici difficoltà: la produzione dei frutti è lenta; la raccolta è difficoltosa a causa dell'elevata altezza degli alberi (15-20 mt.) e il frutto è molto delicato e facile alle ammaccature. Dopo un periodo florido negli anni '50-'60, per tutte le sue problematiche, questa ciliegia ha rischiato l'estinzione. Per evitare che questo succedesse, nel 2007 il progetto "Salviamo la ciliegia Moretta" ha coinvolto migliaia di persone che si sono prodigate a far conoscere il prodotto e a sensibilizzare i contadini ad investire sulla sua coltivazione. Ora è nuovamente sul mercato, grazie ai cittadini e alle sperimentazioni degli esperti, che hanno permesso di ridurre l'altezza degli alberi in modo da favorirne la raccolta, anche se in misura molto molto limitata.
Chi si occupa industrialmente di conservazione di ciliegie è la Toschi, con sede a Savignano sul Panaro, azienda fondata nel 1945 per la produzione di ciliegie sotto spirito.
Nel corso degli anni, la produzione si è ampliata spaziando dalla frutta sotto spirito ai liquori, ai semilavorati per pasticceria e gelateria fino a presentarsi nel 2000 con un nuovo articolo: l'aceto Balsamico di Modena Igp e quello Tradizionale di Modena D.o.p.




Trovarsi in centro città e non recarsi alla pasticceria Gollini, è come non andare a visitare la Rocca




e Palazzo Boncompagni, con la sua spettacolare scala elicoidale autoportante, unica di questo genere, opera di Jacopo Barozzi detto il Vignola.




E Barozzi è anche la torta, ormai divenuta simbolo storico di Vignola, inventata da Eugenio Gollini alla fine del XIX secolo, della quale è stato registrato il nome e il marchio e ne viene gelosamente mantenuta segreta la ricetta dagli eredi. Si tratta comunque si un impasto a base di arachidi, mandorle, cacao e caffè le cui dosi sono però sconosciute.




All'Osteria della Luna, a pochi passi dalla Rocca, si possono gustare piatti preparati con molte eccellenze della zona e presidi Slow Food provenienti da piccoli produttori locali: 



  • Prosciutto di Modena D.o.p. una delle più grandi eccellenze della zona, prodotto molto pregiato ottenuto dalla lavorazione e stagionatura dei maiali di razza bianca;
  • Mortadella D.o.p. Pasquini e Brusiani, dal sapore molto delicato, realizzata con carmi magre dei muscoli della spalla, che le conferiscono una consistenza particolare e unica;
  • Lardo di Pavullo, particolarmente apprezzato e utilizzato per la farcitura di ciacci e crescentine;
  • Parmigiano Reggiano D.o.p. e Ricotta fresca del caseificio "Rosola" di Zocca. Per ogni forma di Parmigiano vengono impiegati 600 lt di latte esclusivamente di vacca Bianca Modenese (un bovino di cui sono rimasti solo qualche centinaio di capi, presidio Slow Food dal 2006), con proprietà di gran lunga superiori a quello di Frisona, ne risultano dei prodotti eccezionali;
  • Aceto Balsamico Tradizionale D.o.p. proveniente dall'acetaia "San Donnino" di San Vito di Spilamberto, dove per  l'invecchiamento vengono rispettati i canoni della disciplinare;
  • Ciliegia Moretta, fresca in stagione e candita negli altri periodi;
  • Lambrusco di Sorbara DOC Premium Cleto Chiarli. Il Lambrusco è il prodotto di vitigni che da secoli si sono integrati nel territorio modenese. E' un vino naturalmente frizzante, infatti non vengono utilizzati zuccheri estranei all'uva, come accade per gli spumanti, e la fermentazione si effettua col metodo classico direttamente in bottiglia. Oltre al Lambrusco di Sorbara, sono apprezzati anche il Lambrusco di Castelvetro e il Salamino di Santa Croce.



Per gli appassionati di cinema, lo scorso mese di settembre è stata inaugurata la prima sezione, di tre previste, del Museo del Cinema "Antonio Marmi": 500 mq utilizzati per l'esposizione di oggetti e macchinari che hanno solcato la storia del cinema dall'800 ai giorni nostri. 
Più di 1000 sono i pezzi in mostra, tutti di proprietà della famiglia Marmi e frutto della grande passione di Antonio. Uno dei posti d'onore viene occupato da un cimelio di grande pregio: il cappello che fu del grande Federico Fellini.
La sede del museo si trova nel piano sotterraneo del Teatro Ermanno Fabbri di Vignola, restaurato di recente, luogo in cui viene rappresentato da nove edizioni il Poesia Festival, la rassegna di poesie che attraversa il territorio dell'Unione Terre dei Castelli, formato da: Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Guiglia, Marano sul Panaro, Savignano sul Panaro, Spilamberto, Vignole e Zocca.




Vignola e dintoni......

A Maranello il Museo Ferrari dedica 3500 mq di superficie alla storia delle automobili marchiate con lo stemma del "Cavallino Rampante", nonchè uno spazio per i simulatori di F1 dove si possono vivere delle vere e proprie sfide sulla pista di Monza.


                           
                           
                             
                          


Nel Comune di Zocca si trova il Museo del Castagno e del Borlengo, nato nel 2000 come ringraziamento a quest'albero che, tanto in passato quanto nel presente, rappresenta per molta gente di montagna una fonte notevole di sussistenza.

  
                          


Il museo racconta la storia della castagna, degli strumenti che venivano comunemente usati per la sua lavorazione e delle piante e animali che vivono nel castagneto; ma racconta anche la storia delle tradizioni a tavola attraverso Pippo, un simpatico signore che insegna l'arte dei "ciaci" e dei borlenghi.
Si sta parlando di cibi semplici, quelli classici dei contadini della Valle del Panaro che aspettavano il "dì di festa" per riunirsi e sedersi tutti intorno al camino tra una chiacchiera ed un borlengo.
Il borlengo è una sfoglia molto sottile e croccante preparata con acqua, farina, olio, sale e uova. In passato si preparava l'impasto il giorno prima e lo si lasciava riposare 24-36 ore, fino al momento della cottura nella "rola", una grande padella di rame stagnato (chiamata anche "sole" proprio per il sole inciso sulla superficie interna)  unta con cotenna di maiale, poi farcita con lo strutto fresco. 
Ora il condimento della farcia è stato "alleggerito" e sostituito dalla "cunza", un condimento a base di un trito di pancetta stesa senza sale, aglio e rosmarino con l'aggiunta di poca salsiccia (1/6 rispetto alla pancetta).




Il ciacio (con una "c" come sottolinea Pippo) assomiglia molto alla piadina, anche se l'impasto si presenta più leggero grazie all'olio invece dello strutto.
Gli ingredienti sono anche in questo caso molto semplici: gli stessi del borlengo, tranne per l'uovo, e le "cottole" di ferro da appoggiare sul fornello, unte con l'olio di semi perché l'impasto non si appiccichi, sostituiscono la "rola" e la particolare spirale di fiammelle del suo di fornello.
Si può preparare sia con la farina bianca che con quella di castagne. Nel primo caso si farcisce con la cunza, oppure formaggi freschi o salumi; nel secondo può essere invece utilizzata una farcia di ricotta fresca e miele di castagno.




Chi è interessato a conoscere tutto il procedimento di lavorazione dell'aceto Balsamico Tradizionale può soddisfare la sua curiosità al Museo del Balsamico Tradizionale di Spilamberto.
Prodotto nell'area degli antichi domini estensi, questo prezioso aceto di tradizione secolare viene ottenuto direttamente dal mosto d'uva cotto, maturato molto lentamente in batterie di botticelle di legni dapprima teneri, per favorire la fermentazione e l'evaporazione, poi per ogni travaso, con quelli sempre più duri, per maturare e concentrare il liquido e preservare in modo naturale gli aromi ottenuti con l'invecchiamento.




Nel sottotetto dell'edificio che ospita il museo, c'è l'acetaia della Consortera con una sala attrezzata per gli assaggi. Il rituale inizia dall'esame visivo di due campioni di balsamico: quello invecchiato 12 anni, più liquido e dal sapore gradevolmente più acido; e l'extra vecchio, di 25 anni, la cui consistenza è sciropposa e il gusto molto aromatico.




Nel 1987 la Camera di Commercio ha commissionato il disegno di una bottiglietta particolare della capacità di 100 ml, a disposizione solo dei produttori autorizzati, al designer Giugiaro allo scopo di garantire l'autenticità del prodotto.






mercoledì 16 ottobre 2013

Distillerie aperte: storie di famiglie, di grappe e alambicchi....

             


Porta la firma di "Made in Vicenza" l'organizzazione di "Distillerie aperte", l'evento che mette in risalto il distillato italiano per eccellenza: la grappa.
Novità del 2013 è stata la presenza di blogger del settore enogastronomico, che hanno partecipato alle visite guidate nelle distillerie e goduto di un weekend all'insegna delle degustazioni.
Cinque sono state le aziende prese in considerazione, cinque differenti realtà che hanno come comune denominatore la passione e la dedizione al lavoro, con in più il rispetto per le tradizioni di famiglia, alcune delle quali sono molto antiche, altre invece sono di più recente costituzione.






Le acquaviti o distillati si preparano per distillazione di alcune bevande alcoliche, o per fermentazione e successiva distillazione, di prodotti ricchi di zuccheri o amidi. La loro gradazione alcolica oscilla mediamente tra i 38 e 60° di etanolo in volumi, ma la media in commercio si aggira intorno ai 40°.
Il distillatore classico è l'alambicco, che funziona a ciclo discontinuo ed é formato da una caldaia in rame contenente quattro cestelli bucherellati sul fondo; dalla colonna di distillazione, composta da nove piatti a campanelle; da un condensatore a serpentina, immerso nell'acqua fredda, attraverso il quale i vapori alcolici si condensano e fuoriescono come liquidi; dalla campana di saggio, che misura la gradazione alcolica; dal misuratore fiscale e recipiente di raccolta.


             

Dopo la vinificazione, il vino viene separato dalle vinacce. Queste vengono inserite nei cestelli bucherellati e scaldate dal vapore emesso dal fondo della caldaia. Qui inizia un gioco di vapori e evaporazioni alcoliche che, condensandosi nella serpentina, fanno fuoriuscire la grappa.
La prima e l'ultima frazione, la "testa" e la "coda", vengono eliminate per la loro tossicità e perché conferiscono odori e sapori sgradevoli. É quella centrale, il "cuore", la parte "nobile", che costituisce quindi il distillato.
Dopo essere stata sottoposta a misurazione fiscale, la grappa viene fatta maturare in serbatoi di acciaio per almeno un anno, in caso di grappa giovane; e in barrique di rovere per alcuni anni, in caso di grappa invecchiata. Poi viene imbottigliata.



Distilleria Poli. "La grappa a modo mio"
Corre l'anno 1898 quando Giobatta, detto Titta, spinto dalla sua passione per la grappa, monta un piccolo alambicco clandestino su un carretto e va girovagando di casa in casa, a distillare vinacce. Si arriva ai giorni nostri con Jacopo, Barbara, Andrea e Cristina, moglie di Jacopo, passando per i progressi di nonno Giovanni e alle modifiche apportate da papà Toni.
   
Pur lavorando artigianalmente con uno dei più antichi alambicchi ancora in funzione, per le sue dimensioni, quella dei Poli sembra un'industria a tutti gli effetti. Questo grazie al lavoro di marketing di Jacopo che ha portato alto il nome in giro per il mondo.
Sono solo vinacce fresche D.O.C. della Pedemontana veneta che vengono impiegate per la produzione di una vasta gamma di grappe che racchiudono i sapori antichi di una famiglia molto attenta al rispetto della materia prima e dei metodi di produzione originali, non perdendo però mai di vista il consumatore perché "distillare grappe é semplice, bastano vinacce fresche e 100 anni di esperienza" (cit. J. Poli).

 

Conclude la visita una divertente e godereccia seduta (di degustazione) "spiritica"al buio, che evoca l'antenato Giobatta



Distilleria Schiavo. "Un piacere senza tempo"

     

Una realtà giunta alla quarta generazione con Marco, giovane produttore che conduce da solo l'attività familiare e custodisce orgogliosamente documenti e oggetti di una tradizione portata avanti con il cuore, oltre che con testa.



Sei sono le caldaie dell'alambicco di rame a ciclo discontinuo impiegate per le "cotte" di vinacce fresche e selezionate nella zona che si estende dal Valpolicella al Trevigiano, che la Schiavo utilizza per una produzione di grappe, distillati d'uva e liquori. 


Particolare menzione merita "Anno Decimo", liquore al sapore di prugna e mandorla, studiato da lui stesso per l' impiego anche in pasticceria, altra sua grande passione.



Distilleria LI.DI.A. "LIquori, DIstillati e Affini"
Per le grappe di questa distilleria il Look è colorato e brioso, unico nel suo genere, tanto prezioso che è stato coperto da brevetto. Ogni confezione ha incarto di un suo proprio colore che ne contraddistingue l’aroma di grappa.


L'azienda pur essendo giovane, ha già la sua storia, infatti è stata fondata nel secondo dopoguerra da nonna Lidia, donna di grande spessore, che aveva l'abitudine di offrire un goccino di grappa ai ciclisti che pedalavano lungo la strada davanti alla distilleria. Nei racconti di Elena, la nipote che assieme al marito porta avanti l'attività, si evince che era una maestra nella preparazione di liquori: il suo "bombardino" rimaneva sorprendentemente compatto e non c'era bisogno di agitare la bottiglia prima di versarlo nel bicchierino.
Per l'impianto discontinuo a quattro caldaiette in rame, le vinacce selezionate sono freschissime, umide e profumate, e provengono dai colli Berici e Euganei, con partite dall'Alto Adige e Emilia.



Distilleria Dal Toso Rino e figlio. "La grappa è un bene da tutelare"



Da Rino e Sergio Dal Toso, azienda nata all'inizio degli anni '60 dopo la scissione dalla distilleria di famiglia da parte di Rino, si distillano grappe tipicamente venete, di forte carattere, da vinacce miste, senza trascurare comunque la richiesta di prodotti più morbidi. Peculiarità di questa distilleria é l'alambicco a ciclo discontinuo a 6 caldaiette tutto in acciaio: "Richiede meno manutenzione e dà più sicurezza", dice Sergio, attuale titolare dell'azienda.


Gradevole è il Grappiz, aperitivo rivisitazione dello spritz veneziano, che vede il vino bianco sostituito dalla grappa al moscato

Distilleria F.lli Brunello. " Profumo di antico, sapore di moderno"
Quando l'azienda apre i battenti, è il 1840. L'Italia era divisa in piccoli stati e l'unità dello Stato era ancora molto lontana. Tutto questo conferisce alla distilleria un'aura un po' "retro".



Posizionata a Montegalda, tra i colli Berici e quelli Euganei, una struttura cinquecentesca di campagna é la sede della distilleria più antica d'Italia, di un B&B e del ristorante "Da Culata", dove si prepara il baccalà in tutte le sue declinazioni.


Eredi di una nonna che é stata tra le prime donne imprenditrici della storia, Giovanni, Paolo e Stefano producono grappe giovani, invecchiate, distillati d'uva e liquori, frutto di vinacce fresche provenienti non solo dai territori circostanti, ma anche dalla Valpolicella, dalla Toscana e dalla Sicilia per le produzioni più esclusive


Per la distillazione i Brunello si avvalgono di un alambicco storico a ciclo discontinuo, tra i pochi ancora funzionanti nel suo genere, dotato di una batteria di quattro caldaiette in rame a vapore diretto e a pressione e temperatura talmente basse da avvicinarsi quasi ad un bagnomaria. 
Le vinacce rosse passano per l'alambicco subito dopo la svinatura per mantenere tutta la loro fragranza. Quelle bianche vengono lasciate a fermentare per circa un mese in piccoli contenitori sigillati per far sì che gli zuccheri vengano trasformati in alcol in modo favorevole alla conservazione dell'aroma.
                                                          








Ristorante Antica Casa Della Malvasia
All'Antica casa della Malvasia, ristorante a quattro passi dalla Basilica palladiana, lo chef rivisita ricette della cucina locale con un gusto particolare nella composizione dei patti.
Fois gras alla grappa su crostini di pane briosciato, creme di zucca e dattero, scaglie di tartufo nero dei Colli Berici; bigoli con l' arna (anatra); sua maestà il baccalà alla vicentina con la polenta; piccione arrosto; variazione di cioccolato e creme.




E come poteva finire la serata se non in maniera "spiritosa"?








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